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153 giorni in camper: il lungo viaggio di Bruno Pavan.

153 giorni in camper: il lungo viaggio di Bruno Pavan

Questa volta il nostro amico fotoreporter  ci parla di sensazioni e di esperienze, ricordando un viaggio di 153 giorni in Camper: il lungo viaggio di Bruno Pavan con un semintegrale costruito in Germania su Meccanica Fiat, eccolo qui, descritto direttamente da lui e dalle sue fotografie.

153 Giorni in Camper: il lungo viaggio di Bruno Pavan

Un giorno mia moglie Mada ed io decidiamo. Si parte. Fossi stato Phileas Fog, il protagonista di “Ilgiro del mondo in 80 giorni” di J. Verne, lo avrei potuto fare due volte. Invece mi son limitato a stare 153 giorni in camper sulle strade d’Europa.

Si, avete letto bene, 153 giorni in camper, ovvero cinque mesi.

Penseranno molti che devo esser ricco per permettermi di andarmene a zonzo per cinque mesi.

Sbagliano. Perché non c’è motivo per il quale viaggiare debba costare una fortuna.
Anzi, al contrario, si può addirittura spendere meno viaggiando con un camper che standosene a casa.

Francia

153 giorni in camper: Francia

In fondo cos’è un camper se non una casa con ruote? Con il grande vantaggio di non dover pagare bollette dell’elettricità, dell’acqua, del telefono, di riscaldamento.
Va bene, ma devi pagare il gasolio, le autostrade…no, le autostrade non le pago perché in generale le evito, e poi in varie parti d’Europa sono gratis; ed il gasolio si paga anche con il risparmio sui consumi, cioè bollette, che dovrei pagare standomene a casa. 153 giorni in Camper, si.

Mangiare, devo mangiare sia a casa che in viaggio, senza considerare che in molti paesi d’Europa il costo della vita è decisamente minore che in Italia, come ad esempio in Spagna, in Portogallo, in Grecia e in buona parte dei paesi dell’est.
E poi, quando viaggi, la cifra più grossa del preventivo è costituita dagli alberghi, spese che viaggiando in camper spariscono.
Ci sono le spese per i campeggi da mettere in bilancio, è vero, ma io li evito sistematicamente e solo approdo in qualcuno quando non ho altra alternativa.
No, non ci sono scuse: se si sta un poco attenti si vive spendendo la stessa cifra che restandosene a casa, se non meno. A noi vivere e viaggiare per 153 giorni in camper è andata proprio così.

E allora perché non lanciarsi a conoscere nuovi luoghi, usanze, persone, che talvolta diventeranno amici come in più di un’occasione ci è capitato; perché non allargare i propri orizzonti mentali che è poi la vera ricchezza di un viaggio?

Le Meteore, Grecia

153 giorni in camper: Le Meteore, Grecia

153 giorni in Camper Prima parte

Viaggiare in camper ti permette di non rinunciare a tante piccole comodità, come dovresti invece fare se viaggiassi portandoti il bagaglio sulle spalle o in valigia. Ad esempio, nel nostro caso, essendoci trovati in mezzo a fitte nevicate così come a poter fare un bagno in mare nel sud della Spagna, solo in vestiti avremmo riempito un paio di valige a testa. E l’idea di dovermele trascinare appresso sarebbe stata sufficiente a togliermi ogni entusiasmo. E poi quell’altro piccolo piacere che è la lettura: una piccola biblioteca trova comodamente il suo posto su una mensola.

Non solo guide turistiche, atlanti, carte geografiche, ma anche letteratura: poter leggere Pessoa in Portogallo, o Kazantzakis in Grecia….
Io poi sono fotografo, e per una volta non ho dovuto limitare l’attrezzatura al minimo come in altri viaggi, mentre mia moglie che ama disegnare e dipingere, non ha dovuto rinunciare alle sue matite e i suoi pennelli.

Tram a Lisbona Portogallo

153 giorni in camper: Tram a Lisbona Portogallo

Anche se amo mangiare ciò che si mangia nei vari luoghi che visito (è parte del conoscere altre culture), riempire la dispensa di pasta, pelati, scatolame, vino, olio eccetera, ti da autonomia, soprattutto in vista di quando ti troverai in quei paesi dove il costo della vita attenta contro il tuo presupposto.

Tengo sempre (quasi) un diario dei miei viaggi, ma in questo vagabondaggio non ho segnato i chilometri percorsi, che comunque sono stati parecchie migliaia.
Anche l’itinerario è stato alquanto “caotico”: semplicemente siamo andati dove ci spingeva il desiderio, il caso, o un bivio sbagliato.

Zigzagando, tornando sui nostri passi, deviando…Vagabondi nel vero senso della parola, e non ce ne siamo pentiti.
E’ bello abbandonare la programmazione ed affidarsi al caso.
Ti da un senso di libertà troppo spesso dimenticato.
L’importante non sta nella meta, ma nel cammino.
Abbiamo visto luoghi, conosciuto persone, che altrimenti difficilmente avremmo incontrato. Come quella signora olandese sulla sessantina passata, che in una di quelle minuscole auto che non richiedono patente, partendo da Amsterdam aveva attraversato la Francia, la Spagna ed il Portogallo, era arrivata a Fatima, e da lì doveva proseguire per Lourdes, poi Roma, per approdare infine a Gerusalemme: il sogno della sua vita che ora che era rimasta vedova poteva realizzare.

Spagna

153 giorni in camper: Spagna

Anche lei, senza tempo prestabilito.
O l’italiano che viaggiava in un vecchio furgoncino VW ma, non avendo patente, raccoglieva qualcuno che fosse disposto a guidare, e così di tappa in tappa, di autostop in autostop “al contrario”, si era girato mezza Europa.
Senza una meta, ma dove chi raccoglieva lo portasse.
Un tedesco aveva rimorchiato con un trattore uno di quei carrozzoni che usavano una volta gli operai che lavoravano al mantenimento delle strade, dalla natia Germania fino al sud della Spagna per lì parcheggiarlo e trascorrervi gli inverni.
Lungo le strade del Marocco un francese viaggiava con uno di quei tricicli a forma di barchetta che usavano, tanti anni fa, i gelatai.
Mi mostra cosa c’è al posto dei gelati… una completa attrezzatura fotografica: macchine, obiettivi, cavalletti.
Viaggiava e fotografava le casbah ed i fortini della Legione Straniera.
Tanti modi di viaggiare, inconsueti, tante vite libere dagli stretti programmi che spesso ci imponiamo da soli.
La vita è troppo breve per sciuparla a realizzare i sogni degli altri (Oscar Wilde, se non sbaglio).
E allora, se il tuo sogno è viaggiare, se quando senti la sirena di una nave che esce dal porto, o un aereo che passa sulla tua testa, il fischio di un treno o il clacson di una corriera che annuncia la partenza, un formicolio ti corre per il corpo e senti che le tue gambe hanno una smania di mettersi in movimento, se la tua mente corre già per vedere cosa si nasconde oltre quella collina, quella curva, non esitare.
Parti. Fallo già. Ad attendere potrebbe essere troppo tardi.

153 giorni in Camper Seconda parte

Un’altra volta sulla strada. Alle spalle un tran- tran quotidiano divenutomi insopportabile.

Di fronte, orizzonti sempre nuovi. La gioia di svegliarsi la mattina con nuovi spazi negli occhi, con la libertànel cuore. Ho l’anima gitana, l’istinto nomade lo so, li ho avuti fin da ragazzino.
Sempre meno sopporto quella gabbia dorata di “impegni”, di “doveri” che da soli ci costruiamo intorno per circondarci di false sicurezze.
Perché lo sconosciuto ci spaventa.
Tutto questo me lo son lasciato alle spalle.
Assieme a quell’invernale cielo di piombo che, proprio come il piombo, pesava sul mio umore schiacciandolo in una morsa di apatia e malessere.
Ho scelto di vivere 153 giorni in camper, in piena libertà.
Sto dirigendo al sud. Al sud dell’Europa, verso quella Spagna dove ho vissuto lungo tempo e che ben conosco, ma che, lo so, tuttavia ancora mi nasconde moltissimi angoli sconosciuti.

Un paese ove, nonostante tutto, nonostante i tempi, la gente ha ancora l’allegria di vivere con la filosofia del “mañana”, del domani. Domani si vedrà. Intanto viviamo l’oggi, il momento presente che poi è l’unica realtà che abbiamo. Perché il passato non esiste più, non ritorna, e “vivere nel passato è come fare il guardiano di un cimitero”- fece dire Ugo Pratt al suo famoso Corto Maltese.

Ed il futuro non esiste, è come un sogno, un’aspettativa che forse si materializzerà, comunque difficilmente sarà come lo immaginiamo o lo vorremmo. Vivi il qui e il momento: filosofia buddista applicata inconsciamente da un popolo dalle frequenti manifestazioni quasi fanaticamente cattoliche (come le famose processioni della Settimana Santa, che meritano esser viste), eppure allo stesso tempo anarchico, miscredente, sensuale, tragico e allegro e pratico allo stesso tempo, insomma un fantastico potpurrì.

Mentre le ruote del camper mangiano i chilometri ed una pioggerellina uggiosa picchia sul parabrezza, ripenso alla decisione di partire ed ai preparativi. Non sapevamo che avremmo trascorso 153 giorni in camper, la decisione è immediata e spontanea, i preparativi rapidi. Perché le partenze sono sempre state una costante nella mia vita. Da giovane, buttandomi uno zaino sulle spalle ed alzando il pollice sul bordo di una strada qualunque.

Oggi gli anni e gli acciacchi fan sembrare lo zaino più pesante sulle spalle (eppure è sempre lo stesso), e le gambe son diventate più pigre. Oggi allora viaggio in camper,  e lo farò per 153 giorni in camper, questo viaggio.

Barcellona: la gente balla la sardana in strada

153 giorni in camper: Barcellona: la gente balla la sardana in strada

Certo, non verso il mio amato sud-est asiatico (stupide sanguinose guerre hanno chiuso una rotta via terra solo alcuni decenni fa percorribile e affascinante): per quei destini devo forzatamente usare l’aereo, ed allora diventa un’altra storia.

Viaggiare in camper è un po’ come viaggiare in una barca, nel senso che lo spazio è limitato, ed allora bisogna portarsi dietro poche cose scelte con cura, ed ogni oggetto deve avere il suo posto.

Sempre quello, altrimenti in pochi giorni il camper si trasforma in un caos ed allora impazzisci per trovare un apriscatole che misteriosamente era finito in mezzo ai calzini, o una scarpa che non risponde all’appello ed alla fine quando meno te lo aspetti, fa cucù dall’armadietto che dovrebbe teoricamente contenere il kit del pronto soccorso (come ci sarà finita lì non lo scoprirai mai).

Occorre essere minimalisti o, se non lo si è già, diventarlo.
All’inizio sembrerà un po’ difficile,ma è facilissimo e ti assicuro che ci si abitua rapidamente. Per ogni oggetto che decidi di portar con te, chiediti se sarà VERAMENTE indispensabile.
Se la risposta (sii onesto, non barare con te stesso, altrimenti non vale) è NO, o se sei in dubbio, scartalo decisamente senza ripensarci su. Ti sarebbe solo di intralcio.
Completato poi l’elenco di quello che “credi” ti sia indispensabile, ripassalo e senza pietà riducilo alla metà.
Proprio alla metà. Vedrai che quella metà che resta ti sarà più che sufficiente, e capirai allora con quanti oggetti inutili siamo soliti circondarci.
Oltretutto questo è un ottimo esercizio per risparmiare in futuro non acquistando oggetti che alla fine risultano essere superflui. (Un ottimo sistema per non cedere alla tentazione di acquisti superflui è chiedersi: quante ore di lavoro mi servono per comprare tale oggetto? Sono disposto a sacrificarle, o preferisco tenermi il mio tempo, che fra l’altro è un “bene” che non aumenterà mai ma andrà solo diminuendo durante la mia vita?).
Ovviamente non posso fare un elenco di cosa uno deve portarsi e cosa lasciare. Sarebbe assurdo se dicessi che ti servono tre paia di mutande, cinque calzini, due maglioni…nessuno tranne se stesso conosce meglio le proprie esigenze, per cui la scelta è individuale e dipende da molti fattori, come ad esempio la durata del viaggio, le condizioni climatiche che si incontreranno, le attività che vorremo svolgere e così via.

L’importante è il concetto di minimizzare. Posso solo parlare del mio caso.

Campos de Nijar

153 giorni in camper: Campos de Nijar

153 giorni in camper: Gli Abiti

Dato che il mio viaggio sarebbe durato vari mesi (alla partenza non sapevo neppure quanti), e che mi sarei trovato in situazioni climatiche all’opposto fra loro, ho dovuto evidentemente portar vestiti per il caldo che avrei incontrato nel sud della Spagna (il costume da bagno comunque lo lasciai a casa, ben sapendo che sulle deserte spiagge d’Andalusia avrei potuto bagnarmi nudo), alla probabile neve sui Picos de Europa, o le piogge della Bretagna, senza però indulgere sull’inutile.
Ho dovuto essere “spietato” in quanto il vestiario, nel mio caso, rischiava di riempire buona parte degli spazi.

153 giorni in camper: la pappa !

Poi c’era da riempire la cambusa. Dato che viaggiavo all’insegna del risparmio, mi son portato provviste per quei luoghi dove sarebbe stato caro acquistarle, come in Francia ad esempio.
Per Spagna e Portogallo nessun problema invece, e ancor meno in Marocco (una delle impreviste deviazioni del mio viaggio). Amo mangiare i cibi del luogo, e là dove i prezzi sono economici mi fermo spesso in qualche locale. Chiedendo agli abitanti, si trova sempre un locale popolare, dove vanno i lavoratori, gli studenti, gente insomma con pochi soldi in tasca, e dove in generale si mangia molto bene (e abbondante).

Anche per i vettovagliamenti fare acquisti mirati: inutile comprare qui qualcosa che troverai sul posto a prezzi inferiori o al massimo uguali a quelli di casa: lascia allora spazio per quello che non troverai o ti costerà più caro.
Grazie a internet ci si può render conto dei prezzi “entrando” in qualche supermercato lungo il nostro pianificato itinerario.

Berlino Germania

153 giorni in camper: Berlino Germania

Mia moglie ed io siamo birdwatchers, per cui un binocolo ed una guida di identificazione degli uccelli sono irrinunciabili. Per me, fotografo, è poi impensabile non portarmi dietro l’attrezzatura.
Se viaggio zaino in spalla la riduco al minimo, ma in questo caso mi son permesso qualcosa in più, come un 300mm luminoso, quindi pesante e ingombrante, un cavalletto, un flash. Se solo fai fotografie ricordo da mostrare agli amici ti basteranno una macchina con uno o al massimo due zoom, ed il tutto può comodamente stare in una borsa –questo sì, quanto meno richiama l’attenzione tanto meglio: un vecchio tascapane militare, magari con una imbottitura interna fatta in casa, è la soluzione migliore.
Con una attrezzatura più impegnativa, oltre a detta borsa per andarsene in giro, una valigetta di alluminio da sistemare in un gavone sotto il divanetto è la cosa migliore. Ma se non ce l’hai già non comprarla e fattene una in compensato, delle misure più adatte, imbottita con polistirolo. E’ facilissimo e divertente.

...come nel film "Gli uccelli". migliaia di storni...

…come nel film “Gli uccelli”. migliaia di storni…

Una cosa da non dimenticare è un kit di pronto soccorso. E se si devono prendere medicine Regolarmente, calcolarne il quantitativo sufficiente – in questo caso va bene abbondare un po’ per qualunque imprevisto, e portarsi dietro i prospetti per il caso si dovessero comprare in viaggio.
Molto spesso infatti i nomi dei medicinali cambiano da paese a paese e solo con la formula chimica si può esser sicuri di trovare l’equivalente.
Alcuni ricambi per riparazioni d’urgenza, come fascette per qualche tubo che perde, lampadine, un minicompressore per gonfiare una ruota bucata e poter raggiungere un gommaio senza doverla cambiare, fil di ferro, spago, nastro adesivo, qualche attrezzo, roba del genere che può sempre trarci d’impaccio.

Mi son portato dietro anche un tavolino da picnic ed un paio di comode sedie pieghevoli. Per poter pranzare all’aperto, al sole, per scrivere o leggere. O semplicemente per starmene comodamente a sonnecchiare. Vivere per lungo tempo chiusi in uno spazio ristretto, calcolato al centimetro, può diventare un tanto claustrofobico. Allora poterlo“ampliare” all’esterno, quando il tempo ci assiste, diventa un vero piacere.

153 giorni in camper: leggere in viaggio

Mia moglie ed io coincidiamo nel piacere della lettura, per cui in un viaggio di cinque mesi non potevano mancare alcuni libri (oltre ovviamente a carte stradali e alcune guide scelte con attenzione). Trovano posto in una mensola, non occupano molto spazio, si possono anche, una volta letti, regalare. Più che altro libri che parlano dei luoghi che visiteremo. Ad esempio, sapendo che in Spagna sicuramente avrei girovagato per la regione di Aragón, mi son portato dietro un libro di George Orwell, “Omaggio alla Catalogna” che parla di quando, nelle brigate internazionali, combatté sul fronte aragonese.
Ovviamente Saramago e Pessoa per quando fossimo stati in Portogallo, libri sui megaliti per la visita della Bretagna, e così via.

Il Mulo, a volte l'unico mezzo di locomozione possibile, altre volte un trattore...

153 giorni in camper: Il Mulo, a volte l’unico mezzo di locomozione possibile…

C’è un problema non indifferente da risolvere quando si sta fuori molto tempo: quello del rifornimento del gas. Le due bombole di dotazione non basteranno, soprattutto se si deve ricorrere al riscaldamento. E in alcuni luoghi potrebbe essere difficile sostituirle. Mi riferisco in concreto alla Spagna, dove per comprare una bombola di gas piena è indispensabile restituire il vuoto. Il vuoto di una bombola spagnola intendo, altrimenti non te la vendono. Si può sempre tentare di comprare un vuoto in qualche posto, magari dai gitani, o in qualche ferrivecchi, ma non è facile trovarlo, e poi ti costerà parecchio, diciamo almeno un centinaio di euro o forse più. Come fare? Non c’è soluzione, solo affidarsi alla fortuna. Io ad esempio, riuscii ad impietosire l’impiegata di un distributore che alla fine me la vendette ritirando il vuoto italiano.
“Poi me la vedrò io col proprietario, farò finta di essermi sbagliata, non mi licenzierà per questo” disse. Le sono tutt’ora grato; un’empatia, la sua, che raramente si incontra. Alcuni giorni dopo, in una casa abbandonata in un paesino, ne trovai un’altra, arrugginita e malmessa, ma buona per la restituzione. Con un po’ di attenzione per non esser visto la “sottrassi”. Arte di arrangiarsi. In 153 giorni in camper qualcosa del genere potrebbe capitare anche a voi !

Molti camperisti son restii a pernottare fuori dai camping, hanno paura. Io al contrario li evito sempre, se posso.

Indicando il cammino....

153 giorni in camper: Indicando il cammino….

Sia perché mi sembrano una spesa inutile (e spesso non sono economici), sia perché amo svegliarmi in qualche luogo che mi piace, su una spiaggia accanto al mare, su un molo di qualche paesino con le barche dei pescatori che dondolano pigramente, sul bordo di un torrente, in qualche punto panoramico. Ci sono circostanze nelle quali non si possono evitare (anche per motivi di sicurezza) come nelle città; ma nelle campagne, nei paesini non ho mai avuto problemi. Incomincio a cercare il posto ove pernottare quando c’è ancora luce, e se ho dubbi domando a qualcuno del luogo.
Se mi dicono di star tranquillo, mi fermo. A volte mi invitano addirittura a fermarmi accanto alla loro casa, o in un loro terreno.
Ci sono poi le aree di sosta per camper, talvolta gratuite, ma generalmente non sono molto attraenti. Vanno bene per vuotare il wc chimico e per rifornirsi d’acqua, anche se di quest’ultima faccio spesso rifornimento a qualche fontana di paese, o nelle stazioni di servizio.

Una volta arrivai di notte in Valderrobles, una piccola cittadina in Aragòn. Parcheggiai in una strada che mi sembrava tranquilla e ci addormentammo.
Ma…alla mattina ci sveglia un gran trambusto.
Guardando dal finestrino vedo montati intorno a noi tanti banchi di un mercatino ambulante!
Arrivando un po’ stanco la notte precedente non avevo notato il cartello che avvisava di non parcheggiare lì causa mercato.
Con l’aiuto e la buona volontà degli ambulanti e fra qualche risata nostra e loro e amichevoli pacche sulle spalle, riuscimmo a districarci e tirarci fuori dall’impiccio.
Qualche amico mi ha chiesto se non mi fossi stancato di vivere cinque mesi “chiuso” (secondo lui) in un camper.

Nubi a ufo....

153 giorni in camper: Nubi a ufo….

La risposta è: decisamente no. “Chiuso” mi sento quando resto troppo tempo in casa, senza poter vedere nuovi orizzonti, senza provare la gioia che provo nel conoscere nuove persone che hanno differenti abitudini, idee, credenze, ma che ridono e piangono per le stesse cose che fanno ridere e piangere me. Con esse spesso e nonostante l’ignoranza di una lingua comune, posso stabilire una relazione più vera che con il vicino di casa col quale, magari, la mattina non ci si scambia che un saluto svogliato pronunciato a denti stretti.

Come sempre quando ci passo, tira vento in Camargue. Come sempre, mi piace girellare fra Saint Gilles, gli stagni, le Saintes Maries, la bocca del Rodano. E come sempre, mi fermo al chiosco di Fanny a Sètes, a mangiarmi una dozzina di ostriche accompagnate da un paio di bicchieri di vino bianco della terra. Se il vento è freddo Fanny mi fa entrare nella cucina, proprio lì accanto al chiosco.

Parcheggio quindi il camper sul canale per trascorrervi la notte, cullato dal rumore delle barche dei pescatori che si dondolano con la maretta.

153 giorni in Camper terza parte

Da Sète a Barcellona è poco più di una passeggiata, una bella passeggiata lungo la Costa Brava. La capitale catalana merita che le si dedichino vari giorni. Anche se vi ho abitato per un tempo, sempre mi offre angoli sconosciuti, rivelandomi piacevoli sorprese. Ovviamente non consiglio di parcheggiare in città se non volete ritrovarvi col camper vuoto… o magari addirittura senza camper. Il camping di Masnou, pochi chilometri prima di Barcellona, è una buona opzione. Da lì si può raggiungere il centro con il treno o l’autobus. Al sud di Barcellona invece, Castelldefels è un’altra buona opzione. Ma io che cerco sempre di risparmiare sui camping, vado a San Cugat, cittadina proprio dietro il parco del Tibidabo: è tranquilla, posso parcheggiare in sicurezza, e in quindici minuti di treno sono in piazza Catalunya, in pieno centro.

Non sto a dire, come troppo spesso fanno i blog di viaggio,” i dieci posti assolutamente da non perdere a…”, oppure “otto cose che dovete fare”: ci sono fin troppe guide di viaggio da consultare, e poi penso che tutti siamo abbastanza grandicelli ed intelligenti da saper decidere per proprio conto cosa fare o non fare. Una parola però la spendo per una delle grandi meraviglie della città: l’opera incompiuta di un genio, la Sagrada Familia di Gaudì. Da visitare con calma, con attenzione, esternamente e all’interno, perché oltre ad essere una genialità architettonica, è anche un gran libro pieno di simbolismi tutti da decifrare. Dedicatele tutto il tempo che merita, perché è una di quelle esperienze che non si dimenticheranno facilmente.

Angolo nascosto in Aragona153 giorni in camper: Angolo nascosto in Aragona

Il parco dei vulcani della Garrotxa, a una novantina di chilometri al nord di Barcellona è la nostra seconda tappa. Si tratta di quaranta vulcani (inattivi ovviamente) fra i quali alcuni veramente interessanti. Uno si trova addirittura nel centro della cittadina di Olot. Quello di Croscat poi,  ha una caratteristica unica, per quanto ne sappia, cioè un taglio attraverso il quale se ne può vedere la struttura interna. Un po’ come se si taglia via una fetta da un panettone, tanto per intenderci. L’eremo di Santa Margarita si trova proprio nel centro del cratere dell’omonimo vulcano, ed è una bella passeggiata raggiungerlo. La riserva naturale della Fageda d’en Jordá è un’altra bella passeggiata in un bosco di faggi, magari da fare con un carro tirato da cavalli. In una stradina tranquilla di Olot passiamo la notte.

Prima di tornare sulla costa per proseguire verso il sud, sostiamo un paio di giorni a Montserrat, magica montagna che ospita il famoso santuario catalano. Ci sono vari punti per fermarsi a pernottare se non si vuole pagare per entrare nel parking.

Pochi chilometri fuori di Valencia, praticamente alla sua periferia, si trova l’Albufera, una laguna, in parte coltivata a riso, che è anche una riserva naturale, uno dei più importanti luoghi di svernamento per molte specie di uccelli. Essendo tutta pianeggiante è ideale per camminare o andare in bicicletta: con un binocolo ed una guida d’identificazione degli uccelli trascorriamo piacevoli ore in tutta tranquillità. Il birdwatching è un’attività assolutamente rilassante. Occhio: evitare assolutamente l’estate, sia per l’affollamento, che per il calore umido e insopportabile (oltre ad un esercito di zanzare fameliche, che renderebbero la permanenza un vero incubo).

Da tempo volevamo andare a Gallocanta, e questa è l’occasione buona. Si trova, Gallocanta, al nord di Valencia ed al sud di Saragozza, in Aragòn. Si tratta di una laguna salata a 1.000 metri sul livello del mare, una delle più importanti lagune salate d’Europa, e luogo di svernamento per le gru, oltre a molti altri volatili. Di gru se ne contano parecchie decine di migliaia, ed è uno spettacolo vederle levarsi in volo all’alba, appena il cielo comincia a tingersi di rosa. Per godercelo, lungo una stradina sterrata raggiungiamo la chiesa di Nuestra Señora del Buen Acuerdo. Dopo essersi alzate in volo, le gru fecero vari giri sopra le nostre teste, quasi volessero salutarci.

Siviglia insolitaSiviglia insolita

Naturalmente c’è anche la possibilità di osservarle da distanza ravvicinata grazie ad alcuni hide (capanni), ma bisogna riservare il posto, entrarvi prima dell’alba ed uscirne solamente dopo il tramonto: non me la sento di passare una quindicina di ore in silenzio assoluto chiuso in pochissimi metri quadrati. Mia moglie mi prende in giro dicendo che non sono un vero birdwatcher: ha ragione. Ma mi consolo chiacchierando alla sera con un fotografo che si era sorbito tutte quelle ore senza riuscire a trarne neanche una foto decente perché quel giorno le gru, vatti a sapere come mai, non si erano avvicinate all’hide.

 

“Ecco, là ci sono le trincee dei franchisti” dice don Pablo indicando un punto a un centinaio di metri. Ha incominciato a parlare al presente, come se stesse rivivendo quei lontani giorni della guerra civile. Aveva sedici anni, e si era arruolato nella “Quinta del Biberòn”, così chiamata perché formata da ragazzini di quindici, sedici anni che lottarono per la repubblica. Sul fronte di Teruel si combatté disperatamente nel tentativo di fermare l’avanzata di Franco su Barcellona. Male armati, vergognosamente abbandonati dalle democrazie europee, i repubblicani furono infine travolti dai franchisti appoggiati da italiani e tedeschi. Oltre a don Pablo, anzianissimo sopravvivente di quella tragedia, mi accompagna il libro “Omaggio a Catalogna” di G. Orwell che qui combatté nelle brigate internazionali.

Mi consiglia, don Pablo, di visitare Belchite o, più esattamente, le rovine di Belchite. Perché questa cittadina aragonese dove egli stesso combatté in una delle più sanguinose battaglie della guerra civile, non è mai stata ricostruita, affinché restasse come monumento alla memoria di quel massacro per le generazioni future. Un po’ come Auschwitz in Polonia. Visita veramente impressionante. Fra quelle case, quelle chiese sventrate, scheletri di mattoni e cemento, sento come se i fantasmi si aggirassero ancora in cerca di pace. Un omaggio dovuto a quegli uomini e donne che morirono per tentare di fermare quelle odiose ideologie che presto avrebbero allungato la loro manaccia nera sull’intera Europa. So che oggi l’intera area è recintata ed è possibile visitarla solo accompagnati, diversamente da quando noi vi andammo.

L’Andalusia è la mia regione favorita della Spagna. Dunque volentieri ci abbandoniamo ad un vagabondaggio senza meta, fermandoci ovunque si trovi un posto tranquillo. All’ombra del campanile di una chiesa, accanto ad una casa abbandonata, nella piazza di un paesino quasi deserto, sotto un gruppetto di alberi lungo una stradina praticamente senza transito. In genere domando a qualcuno del posto se è sicuro fermarsi per la notte. Molte volte veniamo addirittura invitati a parcheggiare accanto alla loro casa, o in un loro terreno. Trascorriamo così giorni pigri, gli occhi pieni di sole e nuovi paesaggi.

C’è un deserto in Europa, l’unico riconosciuto come tale per le sue caratteristiche climatiche, geologiche e per la sua flora e fauna. Ovviamente le sue dimensioni lo fanno sembrare uno scherzo rispetto al Sahara o il Gobi (siamo nella piccola Europa), ma è pur sempre un deserto: si trova in Andalusia, fra Tabernas, Almeria e l’Alpujarras. Qui si girarono la maggior parte degli spaghetti western, parti di Lawrence d’Arabia, Patton, e molti altri film. Vi fu un’epoca in cui Almeria era un po’ come una piccola Hollywood, e per le sue strade passeggiavano divi di fama internazionale. Oggi, sulla ricostruzione del villaggio del west , è scesa una triste  decadenza. Nonostante ciò proviamo un certo fascino nel percorrere queste strade poco battute dal traffico.

153 giorni in camper: il lungo viaggio di Bruno Pavan

Ad ovest di Almeria si trova il parco naturale di Cabo de Gata, dove più di una volta son venuto a passarvi giorni di tranquillità. Parcheggio sempre in Isleta de los Moros, tenendola quindi come base per le varie escursioni in compagnia del libro “Campos de Nijar” di Goytosolo. Il mare è  invitante, ed anche in inverno ci faccio volentieri un tuffo.

Chi non conoscesse l’Alpujarras non dovrebbe perdersela. Minuscoli paesini bianchi sulle montagne, dove è possibile vedere un fabbro che ferra un cavallo, o i muli che si abbeverano alla fonte del paese. Strade strette, curve e tornanti, ma bellissimi paesaggi che compensano della, relativa, fatica di guidare. Come sempre, nessun problema per i pernottamenti liberi.

Oggi Granada la si raggiunge rapidamente con un’autovia ma io preferisco attraversare la Sierra Nevada partendo da Bubiòn. Ma qui una piccola parentesi: in Spagna vi sono molte autovie; la differenza fra l’autovia e l’autopista (autostrada), è che nelle prime non si paga pedaggio per cui non ci sono caselli d’entrata, pur essendo sempre a quattro corsie, quindi praticamente come un’autostrada. Chiusa parentesi.

Prima di entrare in Granada, devio per raggiungere il villaggio troglodita di Guadix. Si, perché nonostante siamo nel terzo millennio, i trogloditi ancora esistono, e  proprio qui in Europa. Trogloditi nel senso di uomini che ancora vivono in grotte. Case sotterranee scavate in un terreno facilmente malleabile ma che una volta a contatto con l’aria diventa duro, quindi ideale per scavarvi  abitazioni ipogee. E’ uno spettacolo un po’ surreale vedere  camini e antenne della TV spuntare come funghi dal terreno. Ma perché l’uomo qui decise di vivere sotto terra? Probabilmente occorre risalire alla riconquista cristiana, quando i mori per salvarsi dovettero letteralmente scomparire, nascondendosi sotto terra. Queste case-grotta sono abitate dai gitani, e per una modica mancia si possono visitare.

Non parlerò di Cordoba e Granada (dalle elemosina, donna, perché niente vi è di peggio che esser ciechi in Granada – cantò un poeta arabo) perché ci sarebbe troppo da dire su queste perle della cultura dell’Al-Andalus. Come sempre, quando ci fermiamo in una città, per sicurezza parcheggiamo in un camping. A Granada comunque c’è un parcheggio a pagamento proprio all’entrata della famosa Alhambra. Non è precisamente economico (25 euro all’epoca), né è custodito (ma mi sembrò sicuro), però ha il vantaggio di essere appunto proprio all’ingresso dell’Alhambra, e comodo per camminare fino al centro, andare al Sacromonte o all’Albaicin. Forse oggi le cose son cambiate, forse è custodito, o forse non è più sicuro. L’importante, alcune volte, è anche non sottovalutare il proprio istinto ed affidarsi ad esso.

Sulla via del Portogallo, alla vista di un cartello, fummo folgorati da una improvvisa rivelazione. Il cartello diceva: Africa 15 km. Quindici chilometri di mare. Fu così che iniziò la nostra fortunata deviazione in Marocco, ma di questo ho già parlato in un post precedente.

Fu piacevole constatare che in Portogallo, a parte le strade ora tutte asfaltate (una volta molte erano a pavè), le cose non erano cambiate tanto rispetto alle mie anteriori visite. La stessa amabilità della gente, lo stesso “saudade”, quella nostalgia che guarda al passato, puntando tuttavia anche al futuro. Con noi viaggia il libro del Nobel Saramago “Viaggio in Portogallo”.

Arrivando dal sud il primo incontro è con l’Algarve, regione abbastanza turistica. Tappa obbligatoria a Cabo San Vicente, estremo punto occidentale d’Europa, dove si trova la fortezza di Enrico il Navigatore, che fra l’altro non navigò mai, ma si circondò di marinai e naufraghi, di matematici, astronomi, scienziati, geografi, per saziare la sua sete di conoscenza di quell’ignoto che era oltre l’orizzonte. A lui si deve l’epopea delle grandi navigazioni e scoperte dei portoghesi.

Sono dell’idea che alle città di mare ed alle isole bisognerebbe sempre arrivarci dal mare. Purtroppo non sempre questo è possibile. Lisbona conserva tuttavia il suo fascino di vecchia dama decaduta. E’ una città dai ritmi lenti, e come tale la si può godere pienamente solo se ci adattiamo a questi suoi ritmi. Del resto viaggiando mai si dovrebbe andare di fretta. Camminare, per conoscere luoghi, angoli segreti, per conoscere la gente. Mangiare dove mangiano i lavoratori (oltre trecento ricette solo per il baccalà, mi dicono: non ho fatto in tempo a provarle tutte!).

Costruita su colli e avvallamenti, è tutta un saliscendi, le ripide vie del vecchio quartiere dell’Alfama mettono a prova le nostre gambe, ma continuamente si aprono magnifiche panoramiche. E quando le gambe cominciano a protestare troppo, niente di meglio dei vecchi tram che si arrampicano per le strette stradine. Lisbona è una delle poche città dove, dovessi scegliere, andrei volentieri a viverci.

Altre città interessanti (Sintra, Alcobasa, Tomar, Coimbra, Braganza…), altri paesi ci aspettano lungo la nostra rotta lusitana, ma un paese è rimasto particolarmente nel mio cuore, un paese di pescatori chiamato Nazaré. C’ero già stato un paio di volte anni fa, e la sorpresa che questa volta mi ha riservato è stata piacevole: vi ho ritrovato infatti qualcosa che credevo ormai scomparso. Le colorate barche da pesca tuttora tirate in secco dai buoi, ed i pescatori che riparano le reti seduti sulla spiaggia, in faccia all’Atlantico, esattamente come allora. Così come allora, l’odore delle sardine cucinate alla brace nele stradine davanti alla porta di casa impregna l’aria.

Fin da ragazzino sono stato intrigato dalle civiltà megalitiche. Durante questi mesi di vagabondo in Europa, non poteva dunque mancare un giro per la Bretagna, la terra per eccellenza dove scoprire quegli enigmatici monumenti che sono i dolmen e i menhir. Carnac è il luogo che ospita il congiunto megalitico più spettacolare del mondo: 3.000 monoliti eretti più di 6.000 anni fa. Ce ne sono di tutte le dimensioni, da quelli alti mezzo metro, a quello di 260 tonnellate di peso. Chi li eresse e perché rimane un mistero. Fra le varie ipotesi la più verosimile è che si trattasse di una specie di calendario astronomico, come certi allineamenti che puntano a determinate stelle suggerirebbero. Naturalmente non potevo non portare con me il libro di Marcel Moreau “Les civilisations des etoiles”.

Lucerna, Svizzera153 giorni in camper: Lucerna, Svizzera

La Bretagna è una terra selvaggia dall’antica storia, le sue scenografiche coste offrono la possibilità di magnifiche passeggiate sulle scogliere a picco. E poi non ci sono solo megaliti. Il percorso dei fari è interessantissimo, così come quello dei doganieri. Per combattere il contrabbando via mare, Napoleone verso la fine del 1.700 fece realizzare un percorso di 1.300 km punteggiato di case doganiere (alcune veramente interessanti da vedere), pattugliato da 30.000 doganieri. La cosa migliore è spostarsi in camper, e fare a piedi piccoli tratti del percorso.

In Bretagna le autostrade sono gratis e, per quanto riguarda il campeggio libero, non ho mai trovato problemi. Ovviamente scegliendo con cura i luoghi più adatti e tranquilli, magari domandando in giro. In Francia inoltre ci sono molti campeggi municipali, generalmente economici. Ma l’interessante è che fuori stagione sono chiusi, nel senso che è chiusa la ricezione, chiusi i servizi, ma quasi sempre vi si può entrare e parcheggiarvi. Gratis. Come facciamo spesso.

Come tutto, anche questo percorso della Bretagna arriva alla fine. Ci aspettano Mont- Saint- Michel, la Normandia, Chartres… A proposito di Chartres, annoto solo alcune curiosità. Ad esempio, se uniamo con una linea ideale tutte le chiese di Notre Dame che esistono in Francia (non c’è infatti solo la Notre Dame di Parigi), il punto di unione delle sue linee di forza è la cattedrale di Chartres. Il suo famoso labirinto sul pavimento, ha poi lo stesso diametro del rosone centrale. Una coincidenza? Non sembra molto verosimile. Nel solstizio d’estate (21 giugno), avviene inoltre uno strano fenomeno: un raggio di sole attraversa la vetrata di San Apollinaire (la prima della parete a ovest del transetto), e va a illuminare al mezzogiorno esatto una pietra bianca. Ne ignoro il significato, però mi pare un dettaglio interessante.

Anche se 153 giorni in camper sono tanti, incominciamo  ad avvicinarci alla fine del viaggio. Ed ogni tanto pensiamo a come ci sentiremo quando saremo nuovamente a casa: ci siamo infatti talmente abituati a questa vita nomade, che l’idea della vita sedentaria ci risulta un poco strana, quasi innaturale e forzata.

Ancora però c’è un altro itinerario intrigante che vogliamo percorrere. Quello sulle tracce delle enigmatiche Vergini Nere.

Ma qui la storia diventerebbe troppo lunga.

Intanto le ruote continuano a mangiare chilometri, ed il mio cuore a battere più giovane…
Alla fine saranno 153 giorni in camper, indimenticabili.

Testi e foto sono di Bruno Pavan, ogni diritto è riservato all’autore.

Bruno Pavan, Viaggiatore, fotografo, giornalista. Ha collaborato con riviste di viaggio di tutto il mondo , Mondo che ha girato più volte, riportando storie, immagini e sensazioni straordinarie… Vive a Maresca, In provincia di Pistoia.
Mail: brunophototext@gmail.com
Telefono: 0573 64095

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